mercoledì 29 ottobre 2008

picasso e mia nipote, altro: NAAH

Domenica 19 Ottobre 2008.
Roma.
Tempi: mattina non troppo inoltrata (9e30)
Obbiettivo:
My Lyttle Princess.

Si parla già della seconda visita, in una galleria e o museo, per e, con una bimba di poco meno di un anno, ma che
con sufficiente e prontissima capacità di risposta segue, accetta, pratica senza ulteriori vantaggi o svantaggi,
quanto viene proposto, diviene mistero e scoperta, del suo domani e del mio antico e ormai lontano.
Lontano dal fare scuola, ma dentro la possibilità di praticare quanto e cosa altri dovranno e potranno fare poi, con canoni e strutture che di solito, allontanano dal concetto e dalla sola possibilità di concepire e definire l’arte.

Provare alla sola vista, o al solo ascoltare, o al solo leggere: un altro universo, che mediamente riesce splendido solo per il fatto che esiste o è stato che sia stato elaborato per divenire un sogno di altri.

Che due fantasmagoriche palle……………………….!!!!!!!
La vita vera, NORMALE, altro dalle comuni e penose in giro situazioni sul mercato è::
parcheggio a piazza della Pilotta zaino fino al Vittoriano, niente fila e audio guida? Si può con mia nipote?
Si, la ascolto, ma intanto ho i suoi bisogni e le sue disponibilità, facendo somma e ragione del quanto:
si entra con le cuffie, si tiene la Little Princess sulle spalle e la si ruota, rispetto alle opere, con calma, se vuole si ferma e lo fa capire benissimo, o gira il collo, lo sguardo o lancia inequivocabili gridolini o salmodiazioni.
Poi ferma lo sguardo su: una due o tre opere, la leggerezza dell’accesso più che sbilanciarmi, non posso è sulle mie spalle e Zio se crolla è solo perché è morto, rilancia nella mia storia eventi trascorsi con diverse e variegate possibilità.

Passa poco tempo, Lei diviene evento ed io divento cretino, siamo qui per noi,
non per fare spettacolo, anche perché con Lei e per altre storie potrei portare a spasso una nipote.
Stò facendo cose con mia nipote, nonostante la sua età,
è capace, pronta, preparata, predisposta per sangue e relazioni che oggi non dispone, ma che domani le daranno in mano il volante dello scafo.

Mentre osservavo, ascoltavo, guardavo anche oltre ed altrove, il suo leggero e non peso;
Zio sudava come Barry White in concert,
poi dopo un bel colpo di reni su un guasche, si passa oltre, va detto e ricordato che mentre camminavamo,
per le sale Lei era veramente presente, come solo può essere una Bimba di poco meno di un anno.

Due soli oli, forse due o tre “sculture” poi uno splendido sonnellino.

Via dal Vittoriano, fino al Ghetto la fila per le specialità ebraiche, da quelle non scappa, così come non scapperà,
mai di fronte a niente, perché ha dietro di se tanto tanto tanto e da tanto avrà la gioia e la possibilità di scegliere cosa come quanto e quando e Zio le sarà vicino fino a quanto e quando Vorrà.

Parafrasando la folle richiesta dei tossici:

“ZIO c’è”
e difficilmente qualcun altro che non sia “Sangue o Famiglia” potrà mai dare altro alla
My Little Princess.

the cure

parte dal sabato, o altro, ha senso o significato?

Concerto dei: “CURE” J. Legend, Marrachesck e mtv e la coca cola.
Naah,ma intanto leggi che ti fa sangue.
Per i biografi forse, per me resta un altro giorno come tutti quelli che ho vissuto, né più né meno degli altri, anche perché ho goduto dei belli e sofferto dei brutti, e tutti mi hanno dato lo stesso regalo( dato, non fatto).
Poco più di niente, ed il peso della questione, storia, vita o come lo vorrai mai leggere mio amato lettore: altro non è se non altre 24 ore della mia vita che me ne propone 24 a fronte delle 36 che necessito.
Lavoro, soldi, relazioni sociali semplici e leggere, tutto ruota intorno come se fosse vero.
E poi a me capita: un concerto, a San Giovanni, (pare niente ma per me è ‘na piazza vicino a casa per tanti è SAN GIOVANNI del primo maggio e oltre), saputolo per caso (fatti forza e sforzo del vocabolo usato –arrivi a 450 parole nel tuo lessico- Io viaggio con tredicimila e non bastano, bastarde a dire) trovo semplicemente: -non c’è definizione al naturale ,al quanto si debba perché esista, sia l’evento che i partecipanti all’evento –La mia EX Moglie ne sa più di dio-.
Arriviamo al concerto, io e Parte della Mia Famiglia, questo descrive e basta a dare l’idea della sacralità del fatto.
C’è parte del mio DNA e delle: storie, leggende e fantasie di: cose, questioni, rose, cazzi, mazzi, chiodi e barattoli.
Niente oltre alla naturale e sottaciuta capacità di praticare la “Cosa” “l’evento”.
Un concerto gratuito, a Piazza San Giovanni, un luogo della memoria Che prima o poi verrà a galla.
Il suono, i bassi che arrivano direttamente ai polmoni, i riff che straniscono le orecchie e tanta tanta gente, giovani o meno, puliti o sporchi, lucidi o fatti, etc etc.
Passa una musica che mi è passata nelle orecchie e nell’essere, anche se solo di striscio, ma è che ha dato forma e luoghi a quanto è passato o meno in me ed intorno a me.
Passa anche il concerto, con una coda travolgente e stranamente sicura e certa.
Quanto capita, se capita e per quanto possa volere o fare, la destrezza della noia, della pratica quotidiana, del contingente………………….. mi regala una sola ultima certezza:
C’ era tutto prima e tutto resterà poi, il solo segno o l’ultima cifra che potrò scrivere sarà quella delle verità delle cose e degli effetti da dove sono scaturite.
Un concerto: musica, persone aggregate, birra, sorrisi, teste dondolanti, canne, dolori e o amori e così via.
And So On……
E domani pranzo di famiglia, ma il mio è piuttosto uno studio sociologico, e il resto è per me sangue: condiviso o appiccicato, ma sempre e solo sangue.
Di sangue e di pioggia, resta in bocca dopo ogni uragano: un sapore.
Sangue pioggia e tanto altro da fare…………….e così poco tempo………..

giovedì 9 ottobre 2008

Domenica scorsa………….alle Scuderie del Quirinale

Dalle 7e30 di Domenica 5 Ottobre, una strana, nuova eccitazione, no, meglio scoperta da fare, mi ha preso Tutto.
Preparato al solito per uscire, in società o da solo, con giornali, libri e materiale per scrivere, sono arrivato in notevole anticipo all’appuntamento con mia sorella, sotto casa sua, per prendere: “My Little Princess” e portarla per la prima volta con me ad una mostra.
-A dieci mesi è già un po’ tardi per i miei canoni.-
La preparazione dell’evento si è risolta nel semplice accordo con Cristiana e con il montaggio del
Sedile per lei nella mia macchina, subito dopo siamo partiti.
Dalla sera precedente, ad un concerto ai giardini del Verano, un solo ritornello mi suonava in testa: “AS ROMA!!!”.
E cantando cantando siamo arrivati alle scuderie del Quirinale, poca fila quasi tutti anziani o giù di lì, un sole che già mi scioglieva come al solito e lei che tra un sorriso ed un ciao ciao, dava la sua semplice esagerata e meravigliosa presenza non come spettacolo, ma solo come regalo di un dio minore al momento ben disposto.
Pochi minuti, trascorsi tra le transenne e già con calma potevo pulirle il naso, nessuna brusca reazione; se prima gioca col fazzoletto, subito dopo la cerimonia della svestizione al guardaroba e la salita alla mostra per le scale non con il Lift - come due tedeschi mi hanno fatto notare che c’era,(non lo avessi saputo magnacrauti)- ma: perché privarla di fare comodamente seduta nel suo passeggino quello che qualche papa magari pure malvagio o corrotto ha goduto?
Arrivati alla fine della cordonata, ero come “Barry White in concert”: zuppo come una medusa.
Rapida rimozione della giacca, sistemazione delle cose nel passeggino, prima sorsata d’acqua dalla sua tazza tecnologica e via verso nuove e meravigliose avventure(star trek?).
Le prime sale, scavalcando ed infilandoci tra i soliti catatonici, che non possono fare due cose insieme (come il presidente Jonhson, che se masticava una gomma, scendendo la scaletta dall’aereo, cadeva), ascoltare il commento dell’audio guida e “vedere” l’opera; guardarla o capirla o penetrarla anche senza commenti dotti o meno, resta lontana dalla diretta fruizione di: un manufatto che richiesto, ordinato, pagato viene eseguito dall’artista che lascia un segno e a questo da un significato legato al momento alle conoscenze e tradizioni dei luoghi e del tempo, resta frutto e segno dell’esecutore che dentro, profondamente dentro qualcosa dice e questa resta o diviene dono per chi davanti all’opera si pone libero e disposto, così come My Little Princess, neanche lo avessi sussurrato a quelle sue trasparenti orecchie, guarda curiosa ed eccitata.
La penombra, il sussurrare di tanti e le sgraziate voci di pochi, ma soprattutto i colori e le forme, malgrado i pochi giorni trova quasi istantaneamente praticabili mi lasciano ben sperare.
Una visita rapida, è raffreddata, si muove curiosa in braccio a zio e tutto osserva, fino ad una madonna con bambino e puttini.
I piccoli suoni che fino ad allora aveva elaborato ed emesso con una grazia sorridente esplode in un’urletto.
Come se avesse riconosciuto qualcosa o qualcuno, si tende alla tavola, e muove rapida gli occhi a cercare chissà cosa, poi si gira si riappoggia alla mia spalla e come volesse andare oltre si sposta e sbilanciando il peso facendomi spostare verso il passeggino, ri-volge lo sguardo alla tavola ancora una volta, poi si dedica alle ultime opere, sorridente e molto molto sonora.
Come parlasse, probabilmente commenta la cosa che più l’ha colpita.
Zio cerca per la terza volta, la tazza tecnologica: rifiutata, passo al succo di frutta guardato con sospetto, cerco la via per la caffetteria, così seduti tenterò di bere anch’io e ritentare il succo.
Naah!!! Il passeggino come bruciasse lo rifiuta fino alla fine della sala che precede la scala o l’ascensore, là davanti a Roma che guarda come si guarda una montagna, si rilassa, siede composta e scendiamo col lift.
Appena usciti Cristiana chiama, e chiede, rispondo e ripartiamo.
Una sosta con un incontro quasi casuale, ma necessario e poi verso casa.
Al portone rivede mamma ride, arriva papà che suona dallo scooter e ride.

Lo zio più felice della galassia, si rimette in macchina.

Tutto questo, ha sempre avuto sotto non il solito rumore di fondo, ma un piccolo dolore al cuore dell’anima, è risalita galla la breve chiacchierata con Angelica di una settimana fa, tanti brani musicali che muovono alla commozione ma che si devono fermare al dolore, letture sparse e poesie tanto belle da piangere………………….
e tutto questo andrà perso, come lacrime nella pioggia
No tutto questo grazie alla My Little Princess mi ha dato una visione Nuova, Splendida, Viva, Piena, Positiva che lascia il rumore di fondo sul fondo, da dove non sparirà mai, se non per andare ancora più in fondo, fino a quando non diverrà altro che il ricordo di un rumore di fondo e forse allora potrò risolverlo o morirci affogato dentro.

La prossima volta, vorrei raccontarti ……………………

lunedì 29 settembre 2008

oggi và così

E dura anche poco.

Torno al rumore di fondo che ieri, ha avuto un balzo esagerato, esagitato.

Niente di particolare, in una giornata dedicata a me, nel vivermi questa città ancora una volta da solo, ancora una volta alla semplice ricerca se non del bello assoluto, di un bello condivisibile.

Preparato come per un ricevimento o festa, cerco nei luoghi deputati, qualcosa;
lasciato da giorni il calendario, scopro che non è il 30, ma, il 28 settembre quindi niente Bellini alle scuderie, magari ci trovavo "per caso" le stesse sorelle o zitelle o vedove della volta scorsa, che si aggrappavano a termini inutili per descrivere, l'incompresibile per loro, o forse altre sorelle......

Invece, mi ritrovo a Villa Borghese, alla GNAM, Schifano e che dire, tanto da vedere e forse altrettanto poco da dire se recensioni e didascalie escono vengono sono di e per....... ma scherziamo???

Poi dopo il trionfo di buone visioni e sensazioni, il ritorno a casa, tra luoghi della memoria e
a cento metri dal portone, l'urlo il boato la devastazione che il rumore di fondo, con sorpresa mi ha regalato:

Sinceramente credo di non aver ancora capito (mi si conceda il concetto più del termine): UN BENEAMATO CAZZO.

Certo trovarsi davanti tanta bellezza, sperperata dalla profonda e convinta volontà di non vedere niente fuori dal niente dove si è vissuti a lungo, non per scelta, ma per caso e mai e poi mai affrontato, a me da dolore fisico.

Ma forse lo merito, nenche io riesco a spegnere il ricevitore, anche perchè dall'altra parte, non c'è mai stato nessuno a trasmettere, ho sempre pensato che il rumore di fondo, fosse (propedeutico?) una avanguardia, un segnale prima della vera rivelazione.

No, solo silenzio, che ho colorato e si può, visto e lo ho fatto, ma che resta silenzio:
NIENTE DA ASCOLTARE, perche non ho mai avuto la fortuna di sentire qualcosa
da ascoltare, se non altro di altri, lontano, diverso e inutile per me.

Da convalescente, riesce piacevole guardare le radiografie di come stavi prima, anche se oggi,
guarito o quasi, stai peggio, molto peggio avendo perso quello che non hai mai avuto, anche se era tutto.

Oggi va cosi, [gli accenti e altro si sono persi nella errata digitazione scusa]
domani lo studio del russo, la chiusura di pratiche burocratiche e la forzata e speranzosa attesa di partire e mettere tra me e la mie Macumbe se non un oceano, almeno un continente, Astana aspettami a braccia aperte spero di volare presto da te.

Oggi sarebbe andata cosi, ma stanotte sognero, altro.

Un rumore a colori pieno di significato e Amore, ma mi svegliero sudato consapevole dell incubo e della stupenda triste realta.

lunedì 15 settembre 2008

ciao dolcezza.....

Quindi....

Che sia orribile re-iniziare: da un quindi; è un concetto assoluto ed ineludibile, ma
ma, ma, resta quanto di così potente, per me, ed assoluto per la conprensione di quanto dica;
che rimane come un lapillo di lava o come un sasso scagliato contro il cielo.

Resta il fatto che stò dicendo; quando lo faccio, anche se lo faccio in accellerazione o compressione: lo facco perchè DEVO.

Resta poco o niente, da poco. . . . anzi da sempre: di fronte o intorno a me, ho troppo, talmente tanto troppo che riesco a comunicare solo a tratti con "houston" ed io ho un problema:
quel rumorino di fondo che, ad ogni respiro, accanto ad ogni pensiero, singolo tocco del gas della macchina, lettura di articolo di qualsiasi giornale, visione di un formato video conosciuto o sconosciuto, a me resta traccia, ricordo, emozione e passione di quanto nella compassione del fatto in quanto tale, elementare o complicato, vero o falso, sincero o mentitore rimane a far pare di me.

Come l'assurdo fatto che sono dovuto uscire di casa, di corsa per inpedire la rimozione della mia macchina parcheggiata da già di più di 18 ore per intralcio la traffico tranviario.

Semplice il salto, al fatto che ho pagato solo lo sgancio dal carro attrezzi e che abbia scritto nel verbale, che non intendo pagare una multa, per la cattiva digestione di un (deficente) che non riesce ad organizzare alcune semplici, limitate quanto lui questioni di viabilità, parola che dovrà certamente andare a leggere almeno per una volta.

Basta, sono stanco come uomo di sinistra, forse anche come comunista, di giustificare, comprendere e difendere mancanze, ormai non più dovute all'ignoranza ma alla manifesta incapacità ed impossibilità di assolvere al compito assegnato, anche se ricevendo in cambio, stipendi, benefit e vantaggi che altri come me non hanno, si tratta di semplice inadeguatezza.
Che facciano altro nei campi e nelle risaie e stiano fuori dai luoghi abitati da esseri senzienti.
O che prima o poi tutti noi, con dovuta comprensione, accogliamo il giusto sfogo o meglio il giusto giudizio e pena correlata.

Aspetto il giudice e l'imbecille dell'atac, che Dio li aiuti, io NO.

Ho già stabilito, deciso e giudicato inappellabilmente.

Danilo Mascolo 15 sett. 2008

E se qualcuno vorrà parlare del mio lavoro e delle mie capacità, si faccia patrocinare almeno da Dio, altrimenti grama sarà la sua di vita e quella dei suoi successori

Il tempo che è trascorso dall’ultimo mio scritto ad oggi, è passato in uno stato di sospensione, strano.
C’è un disturbo di fondo come un rumore sordo, costante e fastidioso, ma nel frattempo lo svolgimento della vita normale và e và pure bene.
I contatti con “gli altri” che altro non sono, se non le persone con cui per motivi diversi vivo, sono gli stessi da sempre e in questi non solo ci vivo, ma ci sguazzo come un pesce di stagno nell’acqua salmastra e torbida, con la solita assoluta possibilità di trovare lo sbocco che dallo stagno arriva al ruscello dal ruscello porta al fiume e da questo al mare, che è il mio di posto,dove dovrei nuotare.
Tanta acqua , quindi spazio e così tanti pesci come persone nel mondo con cui condividere due bracciate o tutta una vita.
Un lavoro nuovo, intanto, fatto in strada, come ambulante venditore di scarpe e scarpe da donna principalmente; orari, ritmi ,tempi diversi, la quantità di pesci oops, persone che ti nuotano vicino con diverse forme e figure, oltre ai posti, le strade per arrivarci, lo spostamento del sole da posto a posto, questo già basta a riempire una bella fetta di vita e ad assottigliare quel rumorino del ca…, che persiste e che a volte assorda, anche se riesco a parlare e ascoltare quello che intorno come acqua mi affoga nel quotidiano.
Certo, per uno come me, (ma poi chi sarò mai?)potrebbe risultare se non riduttivo almeno un poco
estraniante, alienante rispetto a quanto avrei voluto a quanto sono naturalmente portato, ma, ma,
è proprio anche per questo che ogni volta ogni nuova cosa mi affascina ed innamora.
Serve a crescere a conoscere a capire, mm' minchia ss' serve.
Oltre alla metafora dell’acqua, le persone, quali che siano e dove e perché sono, ci sono e lasciarsele lontane non approfittare della loro “pratica” nel senso di praticarle, è un’offesa alla convivenza sia come esseri umani che come semplici creaturine di questo pianeta.
A volte le scoperte, o le delusioni, e anche quelle piccole vittorie o affermazioni di se che capitano nello svolgimento del lavoro sono un pozzo da cui attingere.
Scopri desolanti modalità di comunicazione, la cosa in assoluto più disperante è la ripetizione di concetti nemmeno elementari, ma così lampanti e banali che il solo renderli in parola mi dà il voltastomaco e tuttavia tutto il giorno ne sono immerso come in salamoia, le espressioni facciali, a volte pochi attori di fama possono riuscire a” recitare” tali espressioni, così di parte e false, o imbarazzate o furbe.
Scopri il bisogno di comunicare stati d’animo e situazioni private che mai si direbbero, ma che per quella fugace e breve anche se ripetuta frequentazione, una volta a settimana tu sei lì e loro tornano come onde nel mare, e tra la spuma scopri malumori, desideri, piccoli sogni, arroganze e mediamente un uso enormemente voluminoso di parole ripetute e ripetitive e stereotipate.
Scopri belle facce, piedi mostruosi, gran bei culi, occhi profondi come laghi e voci come canti di sirene, trovi appoggiate nel banco del vicino mercanzie di cui non sai nemmeno che si potessero commerciare e grandi cuori disposti solo per buon vicinato a gesti eroici, così come miseri egoismi e orribili invidie senza senso.
Trovi come regali divini facce, a cui ancora dopo mesi non puoi associare un nome, che tutte le volte che entri nel loro campo visivo ti lasciano negli occhi una visione di serenità o un sorriso o almeno un semplice ammiccamento per qualcosa e nel fondo di un solo sguardo non riesci a leggere niente di pericoloso meschino o falso, magari non è proprio così ma Dio sà come somiglia alla sincerità.
Anche il linguaggio tra ambulanti e clienti, così vago e traballante, così formale o confidenziale fino a sfiorare l’intimità o un qualche rapporto più profondo, sentirsi apostrofare con un: “Amore mio, ma poi che dico a mio marito?” o “Tesoro se ti piacciono e ti stanno bene al piede lo sconto te lo faccio e anche grosso”.
Ma che scherziamo, noo, è così che le cose vanno e vanno bene, così bene che il cazzo di rumore di fondo resta di fondo e lo prendi come un naturale calo della vista a cui basta un paio di occhiali per risolvere il problema.